Prof. ing. Mariano Gallo |
Professore Ordinario di Trasporti |
Approfondimenti |
Il contrasto all’inquinamento da polveri sottili: ma il blocco delle auto serve veramente?
Come ogni anno, nelle grandi città si è riproposto il problema dell’inquinamento da polveri sottili e, come ogni anno, le risposte degli amministratori locali sono state improvvisate, inutili e, spesso, dannose. Come ogni anno, di conseguenza, solo le variazioni climatiche, con periodi di pioggia, attenueranno il problema. Affrontiamo la questione per punti: 1) L’inquinamento da polveri sottili è un problema o è l’Europa “matrigna” che ci obbliga? 2) Gli interventi messi in atto dalle amministrazioni locali sono validi? 3) Cosa si dovrebbe fare?
Sul primo punto, purtroppo, la risposta è sì. Il problema è reale. Ci sono molti studi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dell’Agenzia Europea per l’Ambiente e della italiana ISPRA (prima APAT) che dimostrano l’importanza del problema e i danni alla salute umana. Ad esempio, l’Agenzia Europea per l’Ambiente, nello studio “Air quality in Europe - 2019 Report”, stima che nel 2016 vi sono state 412.000 morti premature dovute alle polveri sottili, in 41 paesi, di cui 374.000 nei paesi EU-28, cui si aggiungono ulteriori 71.000 morti premature (68.000 in EU-28) dovute al biossido di azoto e 15.100 (14.000 in EU-28) dovute all’esposizione all’ozono.
Punto 2. Gli interventi messi in atto sono inefficaci e, talvolta, dannosi. Vediamo perché. Per prima cosa sono interventi “tampone” e non strutturali, messi in atto quando l’emergenza già c’è, senza alcuna azione di prevenzione. Secondo aspetto, ancora più importante. Si agisce solo con blocchi sulla circolazione stradale, ma il traffico veicolare è solo in parte responsabile del fenomeno ed è ben lontano da esserne la principale causa. Infatti, lo stesso rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente stima che il trasporto su strada contribuisce (dati relativi a EU-28) alle emissioni di polveri sottili per solo l’11% (sia PM10 che PM2,5). Il 39% del PM10 e ben il 56% del PM2,5 è prodotto dal settore commerciale, istituzionale e domestico (prevalentemente, riscaldamento/condizionamento dei corrispondenti edifici). A questo punto, se anche si chiudessero tutte le città al traffico di tutti i veicoli di qualunque tipologia, si agirebbe solo sull’11% del problema! Per assurdo, vieto la circolazione, più gente resta a casa e, in inverno, accende il riscaldamento; risultato, riduco un contributo che pesa l’11% per aumentarne uno che pesa dal 39 al 56%. Altro aspetto, ignoto ai più. Il traffico veicolare produce polveri sottili anche per fenomeni diversi dalla combustione: sono emesse polveri sottili per il rotolamento delle ruote (che tritura e solleva le polveri), per il consumo dei pneumatici e per il consumo dei ferodi dei freni (in pratica, anche le auto elettriche emettono polveri sottili, a prescindere dalla fonte di produzione dell’energia elettrica consumata). Le auto a benzina non emettono per combustione polveri sottili, come le auto elettriche, ma tutte loro hanno una emissione pari a circa 0,0138 g/km. Le auto diesel Euro 5 e 6 emettono in più solo 0,0050 g/km, arrivando a 0,0188 g/km (i diesel Euro 1 emettono 0,1538 e, pertanto, molto di più). Nonostante questi dati, peraltro noti da sempre agli addetti ai lavori, l’industria automobilistica ha spinto verso l’acquisto di auto diesel, anche nel caso di utilitarie. Oramai, il prezzo di vendita di un’auto diesel e della corrispondente auto a benzina si equivalgono, o differiscono di molto poco. Molte persone, negli anni scorsi, hanno “rottamato” un’auto a benzina, approfittando degli incentivi governativi, per acquistare un’auto diesel. Basti pensare che nel 1990 le auto diesel erano circa il 13% del parco veicolare mentre nel 2018 la percentuale è salita a oltre il 44%. Da questi dati sembra evidente che gli incentivi governativi per l’acquisto di auto nuove, almeno dal punto di vista delle polveri sottili, hanno prodotto un effetto dannoso risultando tutt’altro che “ecoincentivi”. Passiamo, ora, a esaminare le politiche principali che sono state messe in atto dai Comuni e formulare delle ipotesi sul perché non hanno funzionato (o hanno funzionato molto poco), tenendo presente che maggiore è la congestione stradale, maggiore è l’emissione di polveri sottili. Targhe alterne. Nonostante il provvedimento per anni non abbia dato i risultati sperati, aggravando spesso la situazione, e sia esplicitamente sconsigliato dalla normativa sui Piani Urbani del Traffico, l’istituzione della circolazione a targhe alterne è sempre uno degli interventi di maggiore utilizzo. Le ipotesi sui motivi per cui questo intervento è di scarsa efficacia sono le seguenti: · il divieto non è imposto per le 24 ore ma solo in alcune fasce orarie (ad esempio, dalle 7:30 alle 12:30 e dalle 16:30 alle 20:30); ciò costringe le persone che non hanno 2 auto con targhe “alternate” e che non hanno a disposizione mezzi pubblici sufficienti ed efficienti per recarsi al lavoro ad adattare gli orari di spostamento al blocco. Ciò comporta, in generale, una concentrazione di spostamenti nelle ore “non di blocco” che aumenta la congestione e le emissioni di polveri sottili. · nelle grandi città come Roma, Napoli e Milano, interessate da fenomeni ricorrenti e persistenti di congestione, nonché da tariffe di sosta elevate, le persone che hanno a disposizione dei sistemi di trasporto collettivo di buona qualità per recarsi al lavoro (metropolitane, tram, ecc.) già li utilizzano; la maggior parte degli altri andrebbero comunque in auto. La quota modale sottratta al trasporto stradale individuale dal trasporto collettivo per il provvedimento delle targhe alterne è spesso molto modesto se non trascurabile. · chi ha a disposizione due autovetture con targhe “alternate” non ha difficoltà a usare l’auto; spesso, però, le due auto sono una citycar ed una auto di media-grossa cilindrata. Senza il provvedimento la persona utilizzerebbe, probabilmente, la citycar (meno inquinante e più comoda in città) tutti i giorni per recarsi al lavoro. Con il provvedimento, alcuni giorni è costretto a utilizzare l’altra auto inquinando di più. Blocco della circolazione per veicoli più inquinanti. Questo provvedimento prevede che in certe fasce orarie non possano circolare i veicoli che non rispettano le normative EURO (ad esempio, a Roma il blocco è esteso a tutte le auto diesel, anche EURO 6). Questo provvedimento è affetto dagli stessi motivi di fallimento del precedente: concentrazione degli spostamenti in certe fasce orarie (quelle a circolazione libera) e in certi giorni della settimana (quelli a circolazione libera) e poca possibilità di sottrarre utenza al trasporto collettivo. Un’ultima considerazione deve essere rivolta alla non-equità sociale di questi interventi. Le persone con minore reddito posseggono auto meno nuove ed in numero minore; alcuni di questi interventi creano disagio solo ed esclusivamente alle fasce sociali con minore reddito.
Di tutti gli interventi che sono stati proposti, nessuno ha avuto un effetto positivo sulle emissioni di polveri sottili? Di tutti i provvedimenti che solitamente si propongono solo due sono individuabili come possibili portatori di riduzione delle polveri sottili: il lavaggio delle strade e la riduzione del costo del biglietto dei sistemi di trasporto collettivo. Il primo intervento è, però, molto costoso se esteso all’intera rete cittadina; l’effetto positivo, che è uno di quelli prodotti dalle piogge, è prodotto dalla rimozione delle polveri sottili depositate sulla pavimentazione che sono risollevate dal passaggio dei veicoli. Il secondo intervento, invece, è meno costoso e può indurre una maggiore quantità di persone all’utilizzo del sistema di trasporto pubblico.
Punto 3. Cosa si dovrebbe fare? 1) Non improvvisare. Per poter gestire l’emergenza correttamente è necessario già disporre degli strumenti adatti “prima” che l’emergenza si verifichi; nei Piani Urbani del Traffico è previsto un capitolo sulla gestione dell’emergenza in cui devono essere indicati quali azioni porre in atto per fronteggiarla. In fase di pianificazione è possibile simulare gli effetti di ciascun intervento e valutare quale sia quello più adatto a migliorare la situazione; l’intervento sarà, poi, attuato quando ne ricorrerà la necessità. Nel caso delle polveri sottili, l’approccio dovrebbe essere multidisciplinare, giacché il traffico è una concausa e nemmeno la più rilevante.
2) Investire a livello nazionale. Magari nel trasporto collettivo e nel trasporto ferroviario, invece che nei cosiddetti “ecoincentivi” che come visto di “eco” non hanno nulla. Dei veri ecoincentivi potrebbero funzionare solo se è valutata sia l’auto rottamata che l’auto acquistata: rottamare una Citycar a benzina per acquistare un Suv Diesel tremila di cilindrata non ha nulla di ecologico. La dotazione italiana di metropolitana è ridicola se confrontata con i principali paesi europei e gli investimenti sono del tutto insufficienti. Come evidenziato in un recente libro (Cascetta, Pagliara 2015 “Le infrastrutture di trasporto in Italia. Cosa non ha funzionato e come porvi rimedio”. Aracne Editrice), l’Italia presenta un gap infrastrutturale rispetto al resto d’Europa; è impressionante il dato che i km di metropolitana della sola Madrid sono di molto superiori alla somma di tutti i km di metropolitana nelle città italiane (circa una volta e mezzo).
3) Progettare preventivamente gli interventi. Gli interventi previsti al punto precedente devono essere progettati con metodi ingegneristici; esistono gli strumenti adatti (modelli matematici, software di simulazione, ecc.) e le competenze necessarie (ingegneri). La progettazione degli interventi richiede la simulazione del sistema di trasporto, la conoscenza dei dati sulla domanda di trasporto, la conoscenza del parco veicolare, l’implementazione di modelli matematici per la stima degli effetti di ogni intervento.
4) Valutare e monitorare. Attuato il piano di interventi, è necessario monitorarne gli effetti per verificare se funziona, se è eccessivo o se non sta generando effetti sensibili. Il monitoraggio dei flussi di traffico dovrebbe essere continuo, almeno nei giorni di criticità, così come è continuo il monitoraggio della qualità dell’aria. I risultati del monitoraggio possono condurre a modificare il piano previsto, eliminando o introducendo delle azioni.
Infine, ricordiamoci sempre che agire solo sul traffico veicolare vuol dire agire solo su una piccola parte delle emissioni di polveri sottili complessive; pertanto, è necessario sempre affrontare il problema con un approccio multidisciplinare, coinvolgendo altre professionalità per quanto riguarda le emissioni da riscaldamento e quelle industriali. |